I Vincitori della Prima Edizione del Premio “Fino in Fondo”
Poesia prima classificata:
A mio figlio
(perla persa tra i meandri della vita)
E avremo onde leggere in meriggi d’estate
quando il cielo ricama la sua tela celeste
e si confonde con il mare.
Avremo passi della vita venirci incontro
come girasoli rivolti all’alba di un nuovo giorno.
La tua pelle di cipria si mescolerà alla mia
in una carezza di zèfiro dolce
e il mio senso materno trionferà
vincerà il buio delle tempeste,
valicherà confini di pietra
costruiti sapientemente dalla vergogna
una giovane madre e tu figlio di nessuno.
Sei nato molti anni fa, ma nessuno si è accorto
nella notte più stellata al grido di luna
e solitarie lampare.
Infrange quel silenzio una lacrima
come una scintilla a rigare il volto,
un segreto taciuto troppo a lungo.
E quando viene la sera
sospiri di vento tra capelli di seta
mi portano a te
preghiera tra le mani,
la tua immagine che mai vidi
forse uomo,
appare come un raggio nel viale dei ricordi.
E’ tempo di andare figlio mio
non in questo mondo
torneremo come vele spiegate all’orizzonte
tra le onde più azzurre
e come gabbiani andremo in volo
a riprenderci la vita.
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Mariateresa La Porta
Poesia seconda classificata:
Ho detto sì alla vita
Ho resistito “Fino in fondo” perché?
Non volevo perdere il sorriso di mia madre.
La sua carezza, lieve, sul far della sera,
e il suo battito di ciglia
celavano l’ ultima lacrima
del giorno morente.
Ho voluto resistere per Maria, Daniela, Angelica,
guerriere senza armi.
Una promessa che non potevo tradire,
io che in quella stanza bianca
tra l’ odore acre di alcool, di sangue zampillante
da una flebo ormai inutile,
ho detto sì alla vita.
Ho detto sì a me stessa, perché le mie gambe,
intorpidite da un lungo sonno
potessero risvegliarsi e camminare
lungo le strade della vita,
insieme a loro, guerriere vittoriose sulla morte…
che altro non è se non un’ altra vita.
Carla Menon
Poesia terza classificata:
Bocciolo schiuso
Strepiti inscoltati per paura di cambiare
Poi, quando il vulcano esplode,
l’uomo diventa piccolo sotto la cenere,
metamorfosi che lascia un vuoto.
Mia madre freme e prega ad alta voce,
le braccia di mio padre mi avvolgono nel silenzio,
Mi pervade un sogno all’alba:
un uomo al volante si ferma e china il capo,
rompe i miei induci, ed io attraverso una strada chiassosa.
È la vita che resiste, a cui la morte s’inchina.
Sì, voglio restare, senza lamenti.
Sono un bocciolo schiuso e Dio ha già deciso – Supina ad imparare la grandezza del dolore,
sola con le mie fitte, stringo la mano di mia madre.
Lei torna a casa,
e tra le stelle, insonne,
versa lacrime fino al petto.
Avvolta dalle coperte, varchiamo la soglia,
attraversiamo la notte,
temporali e tuoni vasti,
i lampi sulla mia ferita aperta.
Ore ad aspettare…
Poi il giorno e le nuvole alleggerite,
il Primario concede ad una ragazza vergine
la salvezza.
Una carezza e il sonno dell’anestesia…
Il risveglio è straziante: la carne deve riunirsi,
ancestrale il dolore nelle grida, immobile,
appena sotto l’ombelico un tracciato per l’eternità.
Sul viso di mia madre lo sguardo si è già illumiinato,
le rughe fonde si distendono.
Io resisto perché tu mi ami.
Angelica Costantini Hartl
Così ha decretato la Giuria composta da: Davide Gorga, Serena Carnemolla, Francesco Paolo Dellaquila, Oliviero Angelo Fuina, Maresa Berliri.